La Comunità di Progetto Fico Reale di Atessa ha l’obiettivo di incentivare la coltivazione del Fico Reale e coinvolgere i produttori nel facilitare la diffusione, la conoscenza e la valorizzazione del prodotto.
Abbiamo intervistato Antonio Campitelli, uno dei promotori e referente della comunità, per conoscere meglio il progetto.

Conosciamo Antonio Campitelli, referente e coordinatore del progetto.
Da sempre appassionato di enogastronomia, si è avvicinato al progetto relativo il recupero e la valorizzazione del Fico Reale di Atessa qualche anno fa entrando a far parte dell’Associazione e cercando di essere parte attiva nel coinvolgimento di nuovi potenziali produttori e nella promozione del prodotto.
Come e perché nasce il progetto?
La Comunità nasce dall’esigenza di incentivare la coltivazione del Fico Reale di Atessa, coinvolgere ulteriormente i produttori nel facilitare la diffusione e la conoscenza di questo prodotto, riportare in auge quella che un tempo ad Atessa era una produzione florida.
Con la Comunità vogliamo dare continuità a quel processo di valorizzazione del Fico Reale di Atessa intrapreso con il Gal Maiella Verde qualche anno fa e che nel 2015 ci ha portato ad ottenere anche il Presidio Slow Food, riconoscimento che ha permesso al Fico Reale di varcare i confini regionali con la partecipazione al Salone del Gusto di Torino.
Fico Reale di Atessa, quali sono le sue peculiarità?
Il Fico Reale di Atessa, a polpa bianca e a polpa rossa, è contraddistinto da una forma leggermente sferica, una superficie rugosa, colore verde giallastro, polpa succosa, profumo intenso e sapore mielato, ma non eccessivamente dolce.
I fichi sono raccolti a mano e lavorati tra agosto e settembre, lasciati essiccare su graticci di canne (i cannizzi), farciti con un gheriglio di noce locale, infornati e quindi conservati, insieme a foglie di alloro, in barattoli di vetro in un luogo asciutto per almeno un mese.
La tradizione che lega il Fico Reale al territorio di Atessa è antichissima. Se ne attesta la coltura e l’essiccazione sin dall’epoca romana. Localmente è conosciuto anche con il termine dialettale di “caracìne”, che sta a testimoniare lo stretto e antico legame del fico con il suo territorio d’origine. Infatti i Carricini erano una delle quattro tribù del gruppo etnico sannitico, popolazione italica che viveva in questi luoghi.
La produzione del Fico Reale di Atessa è stata molto fiorente nel corso secoli, tanto da essere citato in diversi documenti che ne attestano il processo di essiccazione, la sua importanza per l’economia locale e l’utilizzo come ingrediente nella preparazione del torrone.
Tutto si è arrestato negli anni ’70 con l’arrivo dell’industria in Val di Sangro; la campagna è stata abbandonata e chi ha continuato ad occuparsi di agricoltura ha preferito puntare su colture più intensive e redditizie, e molti ficheti sono andati persi.
Poi qualche anno fa questa coltura è stata ripristinata, in particolare grazie all’azienda La Ruelle che ha contribuito in maniera significativa alla riscoperta e alla valorizzazione del Fico Reale e negli ultimi anni diversi ragazzi del posto hanno cominciato a reimpiantare a ficheto interi appezzamenti di terreno.
Quali sono gli obiettivi del progetto?
Incrementare la produzione, dare la possibilità agli attuali produttori, realtà che hanno reimpiantato il prodotto solo qualche anno fa, di poter trasformare il Fico che attualmente viene venduto fresco o conferito all’azienda La Ruelle in quanto l’unica realtà presente che riesce anche a trasformare il prodotto. Vorremmo mettere i produttori nella condizione di poter acquistare le attrezzature adatte e necessarie e poi strutturare un circuito, una rete commerciale.
Purtroppo il Fico è un investimento a lungo termine e magari tende a scoraggiare i potenziali coltivatori in quanto la resa non è immediata, i tempi sono lunghi e bisogna aspettare diversi anni prima che cominci a fruttificare.
Quali sfide?
Coinvolgere sempre più portatori d’interesse così da rafforzare la produzione e quindi la commercializzazione.
Negli ultimi anni siamo riusciti a portare questo prodotto nelle pasticcerie, nella ristorazione locale, tuttavia il percorso è ancora lungo, dobbiamo creare una rete commerciale strutturata e allargare il nostro raggio d’azione dal punto di vista territoriale per garantire continuità del prodotto.
Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Attualmente aderiscono alla Comunità tutti i produttori, l’Associazione del Fico Reale di Atessa, alcuni simpatizzanti che vogliono entrare nel circuito produttivo e altri portatori d’interesse.
Operativamente? Quali azioni concrete state implementando?
Stiamo cercando di coinvolgere nuovi attori e portatori d’interesse così da creare una rete con la quale possa esserci anche un confronto sull’implementazione della progettualità.
Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Far crescere questa Comunità, in termini di sensibilizzazione ma soprattutto dal punto di vista strutturale. Andare ad ampliare il nostro spettro d’azione e investire anche in promozione e comunicazione, non solo per gli eventi, ma anche nel digitale con il potenziamento del sito web.
C’è inoltre la necessità di organizzare anche un minimo di accoglienza per chi viene sul territorio e vuole conoscere il prodotto. In questo senso, in ambito turistico, ci stiamo già inserendo in diversi progetti collegati come itinerari enogastronomici.
Speriamo che altri potenziali produttori decidano di intraprendere questo percorso, anche io ho avviato una sperimentazione e andrò a raccogliere i miei primi frutti tra qualche anno.
I produttori che hanno aderito alla Comunità sono tutti giovani e credo che questa sia un’opportunità per innescare una microeconomia locale connessa con il turismo e con gli altri settori, uno stimolo per spingere i giovani a restare sul territorio, a crederci.